Annalisa, l'onestà di 'Se avessi un cuore': "Il suono, le parole, il mio centro"

Ultima modifica: 22 Maggio 2016

 

Annalisa Scarrone, reduce da Sanremo e dal successo del singolo 'Il diluvio universale', pubblica il nuovo disco: "Il titolo è una provocazione, un invito a usare il cuore la sensibilità, l’intelligenza". Alle ore 16, FacebookLive con l'artista

Cinque album in sei anni, una media straordinariamente elevata in questi anni. Annalisa Scarrone vuole correre veloce, vuole crescere e vuole farlo in pubblico, mettendo la musica davanti a tutto. Ed è così che il nuovo album Se avessi un cuore, che esce oggi, può ben essere presentato come la più precisa fotografia di quello che Annalisa è oggi, non più soltanto la “brava e giovane cantante emersa dal laboratorio di Amici”, ma anche un’autrice che, dopo tentativi, ricerche, esperimenti, tutti nel solco del pop, sembra aver trovato una sua cifra personale, fatta di pop elettronico e di testi che non si limitano a cantare l’amore.  

Annalisa, il mainstream del pop nazionale, soprattutto quello che ha grande successo, è piuttosto omogeneo. Fare un disco così elettronico e “diverso” dalle altre produzioni è stata sicuramente una scelta originale.
“Anche io trovo che ci sia tanta omogeneità in quello che accade musicalmente nel pop nazionale, è una cosa che mi ha sempre un po’ spaventato, non volevo caderci, ho cercato di fare un percorso che fosse prima di tutto onesto con me, in linea con quello che volevo fare, comunicare, seguendo l’istinto. Credo di averlo fatto sempre, continuo a farlo e sono arrivata a questo disco, che credo mi rappresenti tantissimo. È in qualche modo il punto dove volevo arrivare e allo stesso tempo mi sembra sia il punto giusto per andare avanti, cercando la mia caratteristica peculiare. È chiaro che ogni progetto ha un suo centro, un suo suono, credo che la mia sensibilità debba fare la differenza, devo darle luce, ce la devo mettere, sennò fare musica non avrebbe senso”.

Qual è a suo avviso il cuore dell’album?
“Quello di raggiungere una giusta commistione tra gli elementi importanti di una canzone, la melodia, il testo e gli arrangiamenti, non c’è una cosa che abbia maggiore importanza delle altre. I testi sono fondamentali, trasmettere concetti, raccontare storie, ma contemporaneamente i concetti sono anche trasmessi dai suoni, che raccontano assieme alle melodie le storie che voglio raccontare. Il fatto che questI contenuto testuale sia segnato da una dimensione elettronica è sicuramente per me una cifra originale, trovo che questo incontro di contenuto e di modernità del suono sia il cuore di questo disco”.

Come sono nate queste canzoni?
“Io scrivo continuamente e parto dalla scrittura del testo. Scrivo molto quando sono in viaggio, in movimento,  in treno, in macchina, in metropolitana. Amo il tempo in cui aspetti di arrivare in un posto, metto giù delle idee. Quando arrivo a casa ci metto la musica, metto giù tante idee che poi ordino in studio, dove magari sottopongo le mie idee agli altri autori con cui collaboro. Da questo lavoro tiro fuori una rosa di tante canzoni, capisco quali sono quelle giuste e quali invece tenere nel cassetto. Già nella prima scrittura dò un indirizzo di sonorità, negli accordi che scelgo, nelle tonalità in cui canto”.

Nell’album si nota un bel contrasto tra la semplicità delle intenzioni e la complessità del suono...
“Sono affascinata dai grandi comunicatori, intendo quel modo di scrivere semplicissimo che però non lascia spazio a null’altro che quello che gli autori ti stanno raccontando, gente come Tenco, Lauzi, Paoli, De Andrè. Sono sicuramente rimasta affascinata da questo modo di scrivere della scuola ligure, regione dalla quale vengo anche io, questo modo di scrivere credo sia senza tempo, ci sono canzoni di questi autori che ancora oggi hanno un contenuto del racconto, lo stile dei versi, tale da far pensare che potrebbero essere state scritte molo recentemente. Ascolto molta musica, non ho un genere solo, sento tutto, mainstream e indie, non faccio distinzione, la musica è una cosa sola”.

Perchè ha scelto Se avessi un cuore come titolo dell’album?
“Questa canzone è il fulcro di tutto il disco, il titolo è una provocazione, un invito a usare il cuore la sensibilità, l’intelligenza, sia quella stretta che quella emotiva, cosa che secondo me oggi manca troppo spesso. Guardandomi intorno vedo la gente concentrata su se stessa, pronta a schierarsi o meno sulla base di non si sa bene cosa, gente che non mette in relazione cervello e sentimenti, che non accetta idee diverse dalle proprie. È una canzone contro le visioni radicali, di qualsiasi genere, che ci allontanano dall'intelligenza pura e ci annullano come esseri pensanti. Io trovo che la diversità sia un valore, non sia una cosa negativa come ci viene fatto credere, trovo che nel momento in cui si ha di fronte una persona ci si debba fare parecchie domande prima di parlare o esprimere qualsiasi giudizio. Cerco di dire che basterebbe pensare leggermente di più per risolvere tantissimi problemi che abbiamo”.

Nel nuovo spettacolo come concilierà le atmosfere del passato con quelle nuove?
“Parecchie delle cose passate si prestano ad essere leggermente spostate verso questa nuova direzione, ma non stravolte, è un lavoro che ho fatto su parecchi pezzi. Ma ci saranno anche molte altre cose, un momento acustico che ha un sapore molto intimo e altre fasi cariche di energia, ci sarà un po’ di tutto, molto amalgamato, per dare l’idea esatta di quello che sono oggi”.

 

Ernesto Assante

Articolo tratto da http://www.repubblica.it

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