Le confessioni di Annalisa «Così ho superato le mie paure»

Ultima modifica: 22 Maggio 2016

 

La cantante parla del suo nuovo album «Se avessi un cuore»

Un anno fa, quando Samantha Cristoforetti volteggiava in orbita attorno alla Terra, scelse un’emblematica canzone di Annalisa - "Una finestra tra le stelle" - per i suoi risvegli cosmici.

Ma lei, Annalisa, andrebbe nello spazio?
"Ehm, non so. Bisogna valutare i dettagli tecnici dell’operazione, vedere come ti sparano lassù..." 

Con un missile, suppongo
"Sì, ah ah. Però vorrei capire come e quanto devo restare in orbita, con chi. Ci riaggiorniamo sull’argomento?"

Ok. La signorina Scarrone, laureata in fisica, promossa nella teoria ma nella pratica...
"A ognuno il suo mestiere!".

E il suo è di nuovo in rampa di lancio: un album in uscita domani, "Se avessi un cuore", e il live romano di stasera al Parco della Musica 
"Come ho già fatto l’altro ieri al Nazionale di Milano, propongo le nuove canzoni direttamente dal palco. E questo mi agita: non posso affidarmi ai test delle classifiche o delle radio, vedrò con i miei occhi la prima reazione del pubblico. Tengo tantissimo a questo nuovo album, ho compiuto uno sforzo per un ulteriore passo in avanti. Ho focalizzato maggiormente la mia inclinazione per il pop elettronico, e mi sento totalmente rappresentata da questi pezzi".

La title-track, "Se avessi un cuore", è un invito a superare le barriere e le differenze 
"La canzone mi è venuta di getto, e per me è un fatto raro. Mi hanno colpito, in negativo, i fatti con cui la nostra società alimenta la discriminazione umana e sociale. Credo nella ricchezza della diversità tra gli individui: mettiamo in moto l’intelligenza emotiva, sforziamoci di capire e di accettare chi abbiamo di fronte".

Ha esultato per la legge sulle unioni civili 
"Mai nascosto il mio pensiero. Mi sembrava scontato che nel 2016 queste unioni dovessero essere una realtà consolidata, basilare. Ma questo mondo è allucinante, se ancora ci accapigliamo su certi temi".

Ha seguito l’Eurovision Song Contest e la "guerra" tra Russia e Armenia per la canzone vincitrice? 
"Tanto di cappello a chi ha trionfato con un brano su un massacro di tatari nel 1944. I contenuti sono fondamentali anche nel pop, non possiamo omologarci nei testi".

Anche lei, Annalisa, nel nuovo album , firmato tutto in prima persona, regala parole significative. Come nella bella "Quello che non sai di me" 
"È il brano più introspettivo, una sorta di confessione. Ho provato a liberarmi raccontando i momenti in cui sono da sola e faccio robe che nessuno sa, che nessuno conosce. Mi ritaglio questi spazi per la mia salvezza e scacciare le paranoie. Come quando canto che "anch’io mi sento sola/come quando andavo a scuola/E non era semplice".

Perché non era semplice?
"Perché il tempo della scuola coincide con il momento in cui il tuo essere si definisce, in un processo di costante mutamento. Vivi quel periodo su posizioni nette, ma dentro hai un casino incredibile, e sei in balia di quello che ti succede intorno. Da adolescente ero fuoti dagli schemi, la musica era la mia àncora. Prima vestivo di nero perché i miei idoli erano i Cure o i Depeche Mode, poi mi innamorai degli anni Settanta, dei Led Zeppelin e dei Doors. Insomma non ero un tipo omologato e mi sentivo sola".

Nel disco invece è in compagnia di Dua Lipa, la giovane star anglo-kosovara 
"C’è un brano scritto da lei, "Used to you", di cui offro anche una versione in italiano con "Potrei abituarmi". Una ragazza fantastica, ci siamo incontrate nella casa discografica, è nato un feeling istintivo".

L’album comprende anche "Il diluvio universale", l’elegante canzone con cui ha partecipato all’ultimo Sanremo. Delusa dal Festival? 
"Era un nuovo inizio, una sfida sull’arrangiamento. Poi ha avuto successo nelle radio, ma forse all’Ariston era difficile da cogliere subito. "Il diluvio universale" è incluso nel disco, ma per me è il prologo dell’intero progetto, non ne fa parte realmente. Quanto a Sanremo, dopo questa mia nuova svolta elettropop, magari aspetterò un po’ prima di tornarci".

Ne "Il diluvio universale" dice: "la canzone che non hai mai saputo cantare". Ne ha una per davvero? 
"Molte. Quelle che ti hanno segnato talmente tanto che quando le ascolti ti blocchi e sei travolta da un tumulto emotivo. Come "Joga" di Björk. Non posso mica metterla, in macchina!".

Lei non è rimasta nel cerchio magico dei talent. Che dice dell’evoluzione di "Amici"?
"Che è divertente, con grandi coreografie. Certo, uno show generalista può mettere un po’ in ombra i ragazzi. Ma se vogliono fare strada devono tirare fuori subito personalità e talento".

Però un ruolo di coach? 
"Se Maria mi chiamasse ne sarei contentissima. È una posizione che impone grande responsabilità. Ricordo com’era stare dall’altra parte, non puoi alimentare false speranze".

Ha vissuto a lungo a Roma, ma non sembra contenta dell’esperienza.
"Non è così. Nella Capitale ho ancora una casa in affitto che divido con due ragazze. Ma viaggiando spesso sento il bisogno di tornare nella mia Liguria, dove ho la famiglia e gli amici e ritrovo stabilità in un paesaggio che non cambia mai". Anni fa scrisse l’inno della squadra di calcio del suo paese natale, la Carcarese. "Non so mica come è andata quest’anno. Spero bene, voglio portare fortuna!".

 

Stefano Mannucci

Articolo tratto da http://www.iltempo.it

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